IMPORTANTE IMPRENDITORE CALABRESE VISSUTO A BOLOGNA DAL 1993 AL 2001 DICHIARA: “PRESTO NUOVI ARRESTI A BOLOGNA” – ASCOLTA L’AUDIO DELL’INTERVISTA


Sul FATTO QUOTIDIANO di oggi 17 Novembre l’articolo inchiesta di Antonio Amorosi e Nicola Lillo – Intervista a Gaetano Saffioti Breve e qui trovate l’audio integrale.

E’ Gaetano Saffioti l’imprenditore calabrese, vissuto a Bologna dal 1993 al 2001, che ha dichiarato al nostro sito che ci saranno presto altri arresti per la criminalità organizzata in città, in Emilia Romagna e nel Nord Italia. Da alcune Procure d’Italia arriveranno novità importanti sul fronte della lotta alla mafia che scardineranno i luoghi comuni più diffusi.

Le parole di Gaetano Saffioti, da otto anni sotto scorta come testimone di giustizia a causa delle continue minacce ricevute in seguito a denunce, hanno già portato all’arresto di 48 persone, dieci delle quali tra i cinquanta boss più pericolosi d’Italia. Oggi Saffioti è simbolo di quell’imprenditoria che “lavora onestamente, rimboccandosi le maniche, dandosi da fare e non dovendo usufruire di appoggi poco puliti”. Quasi cinquantenne vive accompagnato costantemente da una volante della Guardia di Finanza.

Dal 1993 al 2001 Gaetano Saffioti ha vissuto al Nord, per lo più a Bologna. Conosce nomi e cognomi di imprenditori collusi; conosce le aziende e le attività commerciali che fanno da prestanome per le famiglie di ‘ndrangheta. Sa bene quali sono le dinamiche mafiose di quelle terre e come sono state importate coi dovuti accorgimenti in Emilia Romagna. E grazie anche alle sue denunce all’autorità giudiziaria le indagini stanno portando ad ottimi risultati. “L’Emilia Romagna è gustosa, più della Lombardia. Attira a livello economico, grazie alla riviera, alle catene di hotel, allo Stato enclave di San Marino. Ma in quei territori gira anche tanta droga e prostituzione, elementi sempre importanti per la ‘ndrangheta” ha dichiarato al nostro sito. La sua azienda ha lavorato nelle province emiliano-romagnole, e proprio l’Emilia rossa delle Cooperative, è un modello esemplare di riciclaggio e investimenti di denaro sporco. “L’Emilia Romagna – continua Saffioti – non ha infiltrazioni, è del tutto impregnata di mafia!”.

A Bologna ad esempio – ci confessa – ci sono persone di sesso femminile che hanno consentito ad uomini della piana di Gioia Tauro di potersi insediare in società in cui non compaiono, una sorta di prestanome”. Fanno riciclare denaro, investono sul territorio, con un avallo consapevole. La ‘ndrangheta è vista come potere, come risolutore di problemi, per ottenere denaro facile.

L’imprenditore calabrese spiega come molti suoi colleghi delle regioni del Nord non possano non essere a conoscenza della storia delle società con cui fanno affari. “Nel momento in cui c’è il contatto, si sa vita, morte e miracoli di tutti. È troppo facile dire non sapevo, non credevo, non volevo”. Una semplice via di fuga per giustificarsi e per mostrare glissare sugli approfondimenti fatti sulle aziende con cui si è in affari.

Nel campo del lavoro, però, necessità economiche portano spesso ad essere vicini a questo sistema criminale, ma alternative ce ne sono. “Se non vuoi denunciare, gira le spalle, non accettare. È meglio pane e cipolla, ma a fronte alta. È meglio chiudere! Bisogna credere in questi valori. L’alternativa esiste”.

Lo Stato da solo non basta per questa lotta. Non può sistemare autonomamente la condizione in cui viviamo. Anche la gente comune deve pensare in questa ottica, con la necessità di isolare, creare una sorta di respingimento, di isolamento del crimine organizzato.

L’azienda di Saffioti è presente sul mercato nazionale e internazionale dal 1981, impegnata in attività di movimento terra, edilizia pubblica e privata, costruzione di strade e condotte fognarie.

Il prezzo da pagare per me è altissimo, non auguro questa vita al mio peggior nemico. Ma sono le conseguenze di questa lotta. Ora sono un uomo più libero di prima”. Gaetano non ha perso la forza e il coraggio. E neppure la sua fermezza. I testimoni di giustizia possono ricevere un contributo economico dallo Stato. “Ho rifiutato i contributi. È una scelta, non un obbligo essere testimoni. Credo che vivere di assistenzialismo non sia la strada giusta. Voglio dimostrare che nonostante tutto e tutti, quasi mai solidali e spesso avversi, si riesce con le proprie capacità a uscire fuori da questa situazione e fare una vita dignitosa, senza l’aiuto di nessuno”.

Ma la sua vita non è contraddistinta dalla piena libertà. Spesso gli hotel rifiutano le sue prenotazioni, e molti appartamenti non gli vengono dati in affitto, a causa della scorta armata, motivo di paura, o ancora per timore di attentati. Ma esempi positivi come il suo ci sono e ci saranno per far riscattare il Paese.

Da otto anni a questa parte, non è cambiata solo la vita personale, ma anche il lavoro. “È stata un’apocalisse”, dice ridendo Gaetano, che non ha perso il senso dell’umorismo. “È stato un cambiamento forte. Sono come un appestato. La gente ha paura, non vuole avere a che fare con me. La ‘ndrangheta vuole distruggermi, oltre che fisicamente, anche economicamente. Fa terra bruciata intorno. Allontana clienti, fornitori, amici, banche. Pensi di aver fatto la scelta sbagliata. E molti ci pensano due volte, prima di fare il passo che feci io”. Esempio di questo isolamento sono i lavori in partnership. Molte società, infatti, fanno affari e lavorano al fianco della Ditta Saffioti; ma solo all’estero. In Italia, e soprattutto in Calabria, neppure si parlano. “Questo perchè chi lavora in Calabria sa chi è il padrone del territorio, e sa benissimo che io sono sgradito alla ‘ndrangheta, e quindi mi fanno stare lontano e mi estromettono dagli affari. E queste società pretendono comprensione”. “Ho proposto di lavorare gratuitamente alla costruzione della Salerno-Reggio Calabria ma hanno rifiutato”.

Le potenzialità del Nord sono grandi, e non capisco che bisogno abbiano certi imprenditori di avere a che fare con certa gentaglia. Noi qui al sud, siamo peggio che sottosviluppati. Ma su al Nord possono farne a meno. Sono già in una situazione privilegiata”.

In questo quadro sconfortante per Saffioti una via d’uscita c’è. Creare una rete, un insieme di tasselli che possano disegnare un mosaico di giustizia e legalità. “Ognuno faccia il suo. Il politico lasci alcuni contatti poco puliti, l’imprenditore prenda le dovute informazioni. Bisogna incominciare da qualche parte, e ciascuno nel suo settore deve farlo”.

Nicola Lillo e Antonio Amorosi

2commenti
  1. Valerio Giuliano

    17 novembre 2010 at 18:29

    Grande coraggio, senso civico, onestà e profondo senso della dignità personale. Tutte doti sconosciute dai “protagonisti” dell’ “affair” cantiere Cipea di San Lazzaro di Savena.

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  2. Pingback: Città in comune » DUE TORRI CONNECTION |

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