LA CENSURA CHE CORRE SUL WEB


Sono tanti i motivi che portano alla censura di un’inchiesta giornalistica o una pubblicazione. In tutto il mondo motivi legali, politici, pressioni, interferenze, interessi della proprietà o di chi si trova a pubblicare l’articolo sono i deterrenti più importanti. E allora tutti pensano al web come patria della libertà totale.  Ma anche la censura sul web è più diffusa di quanto si possa pensare. OpenNet Initiative, il gruppo di ricerca nato dalla collaborazione tra “The Citizen Lab”, la University of Toronto e la facoltà di legge di Harvard, ha prodotto uno studio sul fenomeno. Il mondo è stato suddiviso in quattro categorie a seconda del tipo di incidenza della censura: “Nessuna censura”, “qualche censura”, “sotto sorveglianza” e “censura preventiva”. Sorprendenti i risultati. La censura sul web non riguarderebbe, come si pensa comunemente, solo i Paesi dittatoriali, ma sarebbe diffusa in regioni impensabili. Con le dovute differenze e motivazioni, dalla ricerca risulta che negli Stati Uniti il web subisca più restrizioni che in Africa nera o in Mongolia. Paladini della libertà di informazione come gli Stati Uniti ma anche Paese come Italia e Gran Bretagna rientrano nella fascia “qualche censura” mentre tra quelli con nessuna censura ci sono paesi come Messico, Mongolia, Namibia e Madagascar. Tra le nazioni “sotto sorveglianza” ci sono l’Australia, la Russia e la Turchia; tra quelli che applicano una “censura pervasiva”, ci sono la Cina, l’Egitto, l’Iran e l’Arabia Saudita. Anche nelle aree libere del mondo occidentale i governi applicano un monitoraggio, seppur minimo, del traffico internet. Sono diverse le motivazioni. Anche in questo caso lo studio ha suddiviso il mondo in tre macroaree: alla prima appartengono i Paesi, tra cui il Regno Unito, che applicano una censura volta a mantenere i tradizionali valori sociali. Nella seconda troviamo, invece, le nazioni che censurano il traffico internet per motivi di sicurezza nazionale. In questa categoria rientrano gli Stati Uniti. Appartengono, infine, alla terza regione tutti quei Paesi interessati a mantenere la propria stabilità politica. La ricerca, infine, elenca i contenuti-tipo che maggiormente vengono censurati in rete: pornografia, social network, blog politici, siti Web a carattere religioso, Wikipedia, Wikileaks e alcuni dei principali portali che trasmettono video in streaming.

2commenti
  1. cristina

    28 febbraio 2011 at 14:05

    Perchè non mettete on line lo studio di OpenNet Initiative? Credo sarebbe assai utile, anche per comprendere come si attua e in cosa consista la censura sul Web. Saluti , Cristina

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  2. admin

    28 febbraio 2011 at 16:45

    Il lavoro è pubblicato solo in inglese da quello che ci risulta.
    Io ho letto un approfondimento cartaceo.
    La ricerca integrale si trova qui per chi vuole approfondire
    http://opennet.net/

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