UNA SPINA CHE DANZA


Dopo l’impresa di otto giorni fa a Torino, il Bologna affronta oggi al Dall’Ara (ore 15) il Cagliari con l’obiettivo dei tre punti.Vedremo se i ragazzi sapranno fare il grande salto di qualità.

Intanto è uscito il numero 12 di Forza Bologna che trovate on line. Sopra potrete leggere il nostro pezzo che trovate sotto per esteso. Buona lettura.

UNA SPINA CHE DANZA

Sanno sorprendere e fanno cadere tutti dalle sedie. Undici persone, che non si conoscono tra di loro, sono state invitate da un certo Bologna Football Club a trascorrere tutti i fine settimana su un campo di calcio di serie A. Sono capitanate da un uomo-siluro detto Marco Di Vaio, uno che quando è in forma saetta come un laser verso la porta avversaria che neanche un GPS militare riesce a tracciarlo. E sabato scorso a Torino è stata l’apoteosi di questo missile miscelato alla tattica degli altri dieci “marpioni” (che non si offendano gli altri che pure loro c’hanno dato dentro!).

Hanno dormito come le Grazie del Canova per tutto il primo tempo, anestetizzando l’avversario, stringendosi e allargandosi a fisarmonica quando era possibile, ma senza esagerare. Senza far pensare che ci potesse essere un pensiero recondito. Approfittarne. Perché poi l’avversario potesse non cascarci. La Juve ha preso il possesso del centrocampo ma da addormentata. E così quando tutti sono riscesi in campo all’inizio del secondo tempo e il pantano è ripreso arriva lui, Di Vaio e alla velocità di una turbina infilza la squadra avversaria come una spina che si infila sotto un unghia. Allo stadio Olimpico di Torino cala il gelo. Questa volta non serve allargare il tappeto di gioco per infilare l’avversario come col Palermo al Dall’Ara. Ne attaccarlo dalle fasce laterali come con la Roma, che ti scappa un colpo di mani di De Rossi, che non ha voglia di andarsene anzitempo col rosso e ti sega al 45’ed è bella è finita. No! Lui si infila così, sotto. Quando si è impedito agli altri di esprimere il proprio gioco per tre quarti d’ora. A quel punto le squadre si animano e se ne danno di santa ragione. Ma la spina cresce. Si gonfia. Diventa qualcosa di doloroso. A quel punto il turbine si mette in moto un altro paio di volte. E nella seconda infilza la porta avversaria irreparabilmente. Il salvataggio sulla linea di Portanova a poco dalla fine sembra la variante di un video gioco e quindi niente di reale. Niente di non previsto. Siamo fatti così. Complicatori degli affari facili. Geni assoluti dell’impossibile.

Juventus-Bologna è una sfida dal sapore antico tra due amanti che si sono allontanate dopo inseguimenti per decenni. Il 1897 contro il 1909. Gli anni di fondazione delle due società sono lontani così come gli allori a cui aspiravano una volta. Ma le cose a volte tornano. La natura hai i suoi limiti ordinari e ne va accetto l’effetto senza tentennamenti. Il nostro gioco danzante si confonde ai blackout improvvisi e al caos, i capolavori alle dimenticanze e i colpi di genio alle amnesie. Accettiamo la nostra natura.

Anche perché “bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi come ha detto uno che si chiamava Nietzsche e “danzava” molto. E la spina di sabato 26 all’Olimpico di Torino è una stella che ancora e ancora danza.

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