ABOLIRE LE PROVINCE E CAMBIARE IL NIENTE


Si aboliranno le Province, ormai sembra ufficiale. Anche se all’italiana. Con accorpamenti. Al loro posto, unioni di Comuni e Città metropolitane. Queste ultime comprendono una grande città e i comuni legati fra loro per questioni economiche, sociali, di servizio, e territoriali. Un pastrocchio!

Ma se l’idea potrebbe sembrare comunque buona bisogna sapere che con l’abolizione delle Province si risparmieranno solo 500 milioni euro, pari al 3,90% del totale della spesa pubblica. Ciò significa che il 96,1% della spesa complessiva rimarrà a carico dei cittadini italiani.

I calcoli sono stati realizzati dalla CGIA di Mestre. I costi della politica negli enti intermedi rappresentano in realtà solo la minima parte: le funzioni, oggi in capo alle Province, e soprattutto i relativi costi di gestione e di personale, andrebbero a gravare sugli altri Enti locali che si accollerebbero le funzioni delle Amministrazioni provinciali. Infatti il grosso dei costi dell’Ente sono i dirigenti e tutto l’apparato di dipendenti che dovrebbe essere riassorbito perché forte di contratti a tempo indeterminato. Facciamo l’esempio della provincia di Bologna. Se il presidente Beatrice Draghetti costa 98.500 euro lordi e gli assessori una media da 60.000 euro lordi in giù i veri soldi spesi riguardano i dirigenti come ad esempio per il direttore generale Giovanni Cherubini che nel 2010 è costato una spesa lorda di 145.388 euro, seguito dal segretario Giovanni Diquattro, 136.407 euro o il capo del settore lavori pubblici Claudio Paltrinieri per un costo di 104.573 euro, più una selva di altri intorno ai 100.000 euro. E via discorrendo. Chi ha grandi responsabilità è giusto che sia ben pagato perché in grado di produrre ricchezza e qualità. Ed io sono per l’idea che se mi fai guadagnare 1 milione di euro ogni anno è giusto che tu abbia anche un reddito di 200000 euro. Ma non è questa la regola. In Italia la realtà dei fatti è che la produttività nel settore pubblico o non esiste o viene valutata dai dirigenti che si modificano lo stipendio in casa. Se l’Italia vuole “crescere”, come dicono in tanti, dovrebbe farlo un pò d’eta e smetterla con i soliti sistemi che nell’era della globalizzazione vengono spazzati via facilmente.

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