I carabinieri fanno un sequestro di rifiuti da Fico


di Antonio Amorosi a pagina 1 e 2 de La Verità di oggi 24 novembre 2017 

«Non ci prenderanno, siamo in missione per conto di Dio», dice Dan Aykroyd a John Belushi nel film The Blues Brothers, inseguiti dalla polizia che li vuole arrestare. Per loro tutto è lecito perché vogliono salvare l’orfanotrofio locale. Ed è stato un pò questo l’atteggiamento dei responsabili di Fico Eataly Word di Oscar Farinetti, aperto a Bologna il 15 novembre scorso, quando hanno ricevuto, il giorno dopo l’inaugurazione, la visita di un reparto dei carabinieri della forestale.

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Ma quelli di Fico non cercavano di «salvare» un orfanotrofio bensì 1.000 metri cubi di rifiuti da demolizione, pericolosi e non, un cumulo di vetroresine, oli, fusti vuoti (prima contenenti solventi), plastiche e sostanze di sintesi varie, accumulati come in una discarica abusiva all’aperto in un piazzale interno del parco agroalimentare ( si veda la foto qui sotto).

ENORME

Il più grande centro del food mondiale voluto da Oscar Farinetti e da Coop Adriatica, è costituito da diversi capannoni con spazi esterni collegati e dove i visitatori possono circolare liberamente. I carabinieri stavano seguendo una signora con un bimbo in carrozzina quando si sono trovati di fronte alla montagna: 100 metri di lunghezza per 10 di larghezza per almeno un metro di altezza di media con picchi di 3. Alla domanda dei carabinieri su che ci facesse lì quella sorta di discarica (in un cantiere non si possono tenere più di 30 metri cubi di rifiuti per volta, ma vanno smaltiti) un incaricato di Fico ha risposto: «Per motivi di sicurezza nazionale». Da nostre fonti abbiamo ricostruito i particolari del singolare caso.

Un reparto dei carabinieri forestali trova l’accumulo di rifiuti il 16 novembre scorso. A detta degli responsabili di Fico la fretta di aprire e organizzare l’inaugurazione con il presidente del consiglio Paolo Gentiloni e i quattro ministri Dario Franceschini, Giuliano Poletti, Maurizio Martina e Gian Luca Galletti ha portato ad accumularli.

Però ora un incaricato di Fico, un architetto, che per diverso tempo si intrattiene con gli ispettori, è terrorizzato di far di nuovo finire Eataly world e Farinetti sui giornali, vista già l’inchiesta de La Verità sui rifiuti pericolosi bruciati dall’inceneritore di Hera, a ridosso del centro agroalimentare. Così cerca di convincere i carabinieri a desistere dall’intervento. Insiste e spiega in modo originale quali sarebbero le disastrose conseguenze del loro sequestro.

PRESSIONI

Il Fondo Pai, responsabile della struttura, non vuole un altro caso mediatico. La pessima pubblicità ricadrebbe anche su Gentiloni e i quattro ministri. E la questione diventerebbe politica. La figuraccia arrecherebbe un danno che si riverserebbe anche sugli stessi carabinieri intervenuti. Perché a quel punto si metterebbero di mezzo sia la Digos che i servizi segreti che per garantire la sicurezza alle autorità il giorno dell’inaugurazione avrebbero chiesto di non aver ostacoli tra i piedi. Per questo motivo i rifiuti sono finiti dove sono ora. Poi racconta che loro di Fico hanno tutti i numeri di telefono che servono: dalla presidenza del consiglio in giù, compresi i vertici del loro stesso nucleo dei carabinieri. Più chiaro di così.
Infatti non ha torto. La notizia circola in fretta e arriva negli ambienti istituzionali bolognesi che contano. Nei minuti immediatamente successivi accorrono al parco degli alti graduati dell’Arma. La visita del reparto forestale sarebbe stata presa molto male o come un affronto al clima di collaborazione tra istituzioni che ha «accarezzato» tutte le fasi del progetto Fico. Un semplice controllo non può avvenire, anche perché oltre ad Oscar Farinetti e le Coop nell’impresa hanno investito quasi tutti i massimi imprenditori locali.
Ma gli agenti non desistono e procedono con l’identificazione dei rifiuti e con la denuncia, anche se non sembra sia stato semplice individuarne i responsabili legali. Nell’atto di indagine pervenuto alla procura di Bologna compaiono varie sigle di società che a diverso titolo sono coinvolte nelle opere edili di Fico, tra cui alcune cooperative di edificazione vicine alla Cmb, Cooperativa muratori e braccianti di Carpi, la società Tecnopolis legata a Legacoop e che ha la direzione dei lavori, Prelios come Fondo Pai (società di gestione di Fico), Arcadia Impianti e la Frantoio Fondovalle srl che si occupa di riciclaggio di rifiuti.
Mentre i carabinieri compilano il verbale il solito architetto, incaricato di Fico, torna all’attacco: propone di smaltire tutto in 10-15 giorni e di chiudere lì la questione, siglando un sorta di patto verbale con gli agenti che dovrebbero poi tornare a controllare. Ovviamente, per i carabinieri, la soluzione non è neanche lontanamente praticabile. Così quando l’incaricato capisce che c’è poco da insistere minimizza la portata del sequestro disquisendo sui metri cubi della discarica.

 

PAROLA AL TRIBUNALE
Gli agenti chiedono di parlare con il responsabile legale del Fondo Pai. Così sentono al telefono Massimo Dominici, che dopo aver compreso la gravità della situazione tenta a sua volta di imbonirli per farli desistere dall’intervento. Per il responsabile del fondo i carabinieri dovrebbero non formalizzare la denuncia e nel clima di «collaborazione» che c’è sempre stato equipararla ad una sorta di ammonizione, come fossimo in campo calcistico. Operazione, questa, non conforme alle procedure e tanto più al comportamento possibile delle forze dell’ordine in un Paese civile. Ma che anche volendo non sarebbe poi così semplice da attuare. Per smaltire 1.000 metri cubi di rifiuti dovrebbero intervenire immediatamente circa una cinquantina di camion con i visitatori di Fico in giro per la struttura.
Ora, dalla procura bolognese si attende la convalida del sequestro dei carabinieri. Sempre che i motivi di disappunto all’intervento non mettano in discussione la cosa. Perché quelli di Fico, si sa, sono in missione per conto di Dio, pardon, della sicurezza nazionale.

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