La foto che imbarazza il Pd. Dopo l’arresto del boss


Se fosse successo ad un esponente del centrodestra o a Berlusconi la foto campeggerebbe su tutti i giornali on line, in tempo reale. Ma è successo al ministro delle riforme Maria Elena Boschi. E tutti sanno come vanno le campagne elettorali in Italia. Ci si fa la foto con chi si conosce superficialmente. Paese dove accade anche che le verità più banali arrivino con anni di ritardo.

«Non costringermi a farti del male» diceva agli imprenditori Carmelo «Nino» Gullace, boss della cosca di ‘ndrangheta Raso-Gullace-Albanese e legato ai Piromalli. E gli imprenditori pagavano. I politici invece si accreditavano. E tutto filava liscio. Da sempre. Gullace, che controllava Savona ma con interessi in tutta la Liguria, Piemonte e Lombardia, è stato arrestato ieri mattina per usura, tentata estorsione ed intestazione fittizia di beni nell’operazione Real Time della Procura di Savona, la Dia di Reggio Calabria e Ligure e i Carabinieri.

Tra i denunciati la moglie, Giulia Fazzari e Fabrizio Accame, ex segretario della Margherita ad Albenga, in provincia. Accame, appassionato sostenitore dell’attuale sindaco di centrosinistra di Albenga, Giorgio Cangiano che ha precisato come nel suo Comune le compagini di Gullace non abbiano appalti, era anche candidato in una lista alle ultime elezioni comunali.

Ad Alberga tutti ricordano la sua foto con la ministra Maria Elena Boschi, proprio per la candidatura del sindaco (la foto in alto). Foto che dopo l’arresto di Gullace fa capolino da diversi siti web. Così come, visto che si vota per il governatore della Regione a maggio, il caso dell’anomala affluenza al voto alle ultime primarie Pd di Albenga, dato l’annullamento di 13 seggi alle elezioni interne.

Accame è uomo di centrosinistra e legato ai Gullace e ad Antonello Pronestì. E’ un mediatore creditizio finito anche nelle intercettazioni del calabrese Antonio Fameli, arrestato per riciclaggio nel 2012 e descritto dal questore di Savona, Vittorino Grillo, come «personaggio di grosso spessore criminale, legato alla ‘ndrangheta e al clan dei Piromalli». Ne era un collaboratore. Le responsabilità di Accame, agli occhi degli inquirenti, sono più gravi nel caso Gullace e per questo risponde di concorso nell’usura e nell’estorsione del boss. Gli inquirenti hanno mappato una serie di incontri con Gullace, ed hanno in mano intercettazioni ritenute «decisive»

nel dimostrare l’aiuto al boss. Con l’arresto sono stati sequestrati beni per circa 2 milioni di euro tra immobili, autovetture, quote della Co.Mi.To s.r.l., della Liguria 2000 soc. coop. e della Gi.Erre s.r.l., nonché della Concept di Accame Fabrizio & C. s.a.s..

Gullace già in passato era stato condannato per associazione a delinquere. Una condanna che però non risultava a suo carico per un «mero errore materiale» hanno spiegato i Carabinieri in conferenza stampa. Il comandante Alessandro Parisi ha ricordato l’esempio di «Al Capone che non venne arrestato per mafia» ma come Gullace «per altri reati altrettanto gravi».

Le gesta di Gullace e Fameli sono state raccontate già nel 2009 nel libro Tra la via Emilia e il clan, di chi vi scrive e Christian Abbondanza, ripetutamente minacciato perché continuava a chiedere spiegazioni sulla presenza di Gullace e Fameli nei consessi imprenditoriali liguri. Scrivendo sul sito dell’associazione Casadellalegalità. Così chiedeva al Pd sulla presenza di Fabrizio Accame alle elezioni comunali di Alberga del 2014. Ma si sa, le risposte dei partiti non sono dovute. E tutti sanno come vanno le campagne elettorali in Italia. Foto comprese.

di Antonio Amorosi, pubblicato il 7 marzo a pag. 8 su Libero Quotidiano nazionale

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