4 anni a Rosy Canale, la paladina dei professionisti dell’antimafia


E’ stata condannata a 4 anni  …

di A. Amorosi a pag. 15 di Libero Quotidiano del 22 gennaio

Erano stati  chiesti sette anni di carcere dalla Dda di Reggio Calabria per la paladina antimafia Rosy Canale, accusata di aver tenuto per sé i fondi destinati da governo, Regione Calabria e privati al “Movimento delle donne di San Luca” anche con «l’acquisto di un’autovettura, di mobili e di arredamento per la propria abitazione».

Un libro, “La mia ‘ndrangheta” (edizioni Paoline) e uno spettacolo, “Malaluna”, la fanno conoscere sui palcoscenici nazionali e in tour nei teatri. Viene lanciata anche dall’associazione “Libera” di Don Ciotti e Nando dalla Chiesa, che ne pubblicizzano la figura a Genova, Reggio Emilia e persino a Milano nel 2012, al primo festival dei beni confiscati organizzato proprio da “Libera”. Al Teatro Parenti nel 2013 un dibattito con Rosy e Dalla Chiesa commuove la sala. Diventa così un’icona della resistenza alla criminalità organizzata. Viene insignita delPremio Paolo Borsellino, peraltro revocato dagli organizzatori dopo l’arresto.

Ex titolare di una discoteca, Rosy, dopo anni trascorsi tra Stati Uniti e Roma, dopo la strage di Duisburg torna in Calabria e costituisce per l’appunto il “Movimento”. «Un progetto studiato a tavolino» si legge nell’ordinanza dei giudici. Le viene assegnato un bene confiscato per farci una ludoteca. Ma il progetto non vede la luce e i soldi assegnati usati per altro. Tutte le incongruenze del personaggio passano in secondo piano, come la parentela di alcune donne del “Movimento” con ’ndranghetisti quali Antonio Pelle, ex proprietario dello stabile in cui sorge la ludoteca. Proprio quella ludoteca, affermano i magistrati con l’inchiesta Inganno del 2013, «assurge ben presto a “collettore di potere”, non solo per il prestigio e il risalto mediatico ma anche in quanto convogliatore di risorse economiche». Ma la macchina dei professionisti dell’antimafia «tutto brand magliette e bandierine» ha già fatta proseliti. La Canale è poi accusata di denunciare «sia telefonicamente sia a mezzo di comunicati» minacce ed episodi che «risulteranno infondati», un passepartout per «acquisire credibilità sia in campo politico che istituzionale». Dal canto suo, Rosy continua a sostenere che il suo caso è «tutta una montatura».

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