I porticcioli italiani aperti per legge… ad armi, terrorismo e droga


Dove può entrare chiunque e di tutto.

di Antonio Amorosi per “Libero Quotidiano” a pag. 8 del novembre 2015

Dopo le stragi efferate di Parigi sono stati «intensificati i controlli su tutto il territorio nazionale», ha annunciato Renzi. «In Italia la vigilanza è strettissima», ha integrato il ministro dell’Interno Angelino Alfano. E ha aggiunto: «Lo stesso faremo su tutti i valichi con controlli su strade, ferrovie, porti e aeroporti». Ma al di là degli annunci ci sono luoghi aperti, sotto gli occhi di tutti, in cui è possibile far passare armi, droga, denaro, qualunque cosa dai latitanti ai trafficanti, terroristi islamici compresi.

Lo certifica lo Stato, lo conferma la Guardia di Finanza e lo registra anche la commissione nazionale antimafia. Ma nessuno fa niente. E da anni. Chi non ne è a conoscenza è il cittadino che si vorrebbe ogni volta rassicurare. I luoghi che per legge bypassano ogni sistema di sicurezza e gli «eccezionali » controlli sono i porticcioli turistici. Rappresentano la maglia aperta di una rete che si vorrebbe strettissima.

Lo permette la legge del TrasportoPubblico Locale e di riforma di porti e porticcioli del 1997 del ministro Claudio Burlando, varata durante il primo governo Prodi. Con la riforma questi luoghi turistici diventano facile strumento per promuovere traffici illeciti. Infatti la miriade di porticcioli che costeggiano l’Italia sono stati concessi dal demanio ai privati come porte aperte, senza alcun controllo in entrata e in uscita, su quanto,chi e cosa viene imbarcato. Sono ad esclusiva competenza e discrezione del privato che li gestisce. Come è a totale cura del privato indicare in autocertificazione date e orari di uscita e quelle di rientro delle imbarcazioni ormeggiate.

Non esistono le ispezioni eseguite dalla Capitanerie dei porti ordinari. Non c’è dogana. Non c’è alcun controllo di frontiera. Anche dopo l’11 settembre la norma rimane immutata. Ma facciamo qualche esempio: in Liguria il più grande porto turistico delMediterraneo, quello di Lavagna, è stato segnalato dalla Guardia di Finanza il 31 gennaio 2002 alla procura della Repubblica di Chiavari per la pericolosità delle attività che mascherava: «La gestione dello scalo portuale levantino», si legge in un procedimento penale aperto dalla Guardia di Finanza, «permetterebbe il riciclaggio di capitali di provenienza illecita, attraverso il noleggio plurimo di posti barca già effettivamente locati ed occupati da persone ignare».Nello stesso atto si parla di proventi poi reinvestiti e riferibili sia alla criminalità comune che «a frange dell’estremismo islamico».

C’è poi caso del piccolo porto Calabrese di Amantea finito nel 2014 sotto sequestro dalla Capitaneria diVibo perché costruito in modo abusivo, poi sanato e reso di nuovo fruibile da una sentenza della Cassazione. O dei porticcioli della Sardegna come Porto Rafael, tanto amati dagli arabi, ma anch’essi insicuri. Christian Abbondanza, esperto di criminalità organizzata ha segnalato la falla nel 2014 alla commissione antimafia di Rosy Bindi.

In riferimento al Porto di Loano (Savona) scrive che «chi si occupava del personale impegnato nella vigilanza interna al porticciolo era il pluripregiudicato Walter Amedeo Negro, con società intestata alla figlia ed altra persona». Ed è Abbondanza a rilevare che «società private hanno in concessione porticcioli con soci aventi radici e sedi in paradisi fiscali o in fiduciarie di cui si ignorano i proprietari». Non proprio una garanzia. Ma in commissione neanche un sussulto o provvedimento.

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