Attacco a Rousseau. Il blog dei 5 stelle era un colabrodo. Ma Grillo lo sapeva già da 5 anni


di Antonio Amorosi a pag. 13 de La Verità del 18 agosto 2017

Gli hacker attaccano il portale Rousseau, realizzato un anno fa da Davide Casaleggio per esercitare la democrazia on line. Portano via i dati sensibili dei partecipanti violando ogni privacy. Ma i sistemi di partecipazione e voto digitale del Movimento 5 Stelle sono perforabili da sempre. Lo spiegò al Movimento un loro stesso consigliere comunale. Nessuno gli diede rette e fu emarginato.

 

Qualche giorno fa due violenti attacchi informatici forano la piattaforma del Movimento 5 Stelle, Rousseau, scatenando la reazione del blog di Beppe Grillo che ha definito gli hacker «criminali» e «sicari informatici» con fini politici. Rousseau è il sistema operativo del Movimento per decidere candidati, leggi e prendere decisioni. Una reazione comprensibile visto che gli hacker hanno trafugato codici fiscali, nomi e cognomi, numeri di telefono, donazioni effettuate e votazioni, «mettendoli anche in vendita per 0,3 bitcoin» (la moneta informatica: 0,3 bitcoin corrisponderebbero a circa 800 euro), scrive il blog.

Comprensibile sì, ma solo apparentemente perché cinque anni fa, nel settembre 2012, qualcuno con analisi tecniche e dopo aver addirittura contattato i consulenti della Nsa (National Security Agency) degli Usa avvertì il Movimento, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, dell’insicurezza dei sistemi informatici usati. Non venne minimamente ascoltato. Anzi dopo poco finì ai margini del Movimento e ne uscì.

E’ la storia di Luigi Camporesi, esperto di sicurezza informatica, consigliere comunale eletto con i 5 Stelle a Rimini e laureato in ingegneria con Master nell’esclusiva Università di Bristol (Regno Unito), quella dove Winston Churchill era cancelliere e che ha partorito 13 premi Nobel. Camporesi vive di informatica, si occupa di sistemi di difesa ed attacco e il suo non era un discorso generico, è stimato da Grillo che è stato più volte a Rimini ad appoggiarlo nelle sue battaglie contro il Pd. Quando scopre che il Movimento vuole adottare il voto elettronico esprime immediatamente la sua contrarietà perché sa che quei sistemi facilitano i brogli e ostacolano i meccanismi di controllo. Per supportare le sue analisi contatta anche uno dei massimi esperti mondiali di sicurezza, Bruce Schneier (consulente della Nsa), crittografo e saggista, progettista dei codici di cifratura per il Dipartimento della Difesa Usa, responsabile sicurezza di British Telecom, testimone al Congresso degli Stati Uniti, che immediatamente lo autorizza a tradurre un suo scritto del 2006 apparso sulla rivista Forbes.

Schneier racconta i pericoli insiti nel voto elettronico e come al di là di intrusioni e manipolazioni il problema stia proprio nei software. I voti per tanti motivi possono «perdersi» e una volta smarriti non c’è modo di recuperarli. «Il voto elettronico è come in un iceberg», dice, «le minacce reali sono al di sotto della linea di galleggiamento dove non possono essere viste. Le macchine di voto elettronico senza carta bypassano il processo di sicurezza, consentendo ad un piccolo gruppo di persone, oppure anche ad un singolo hacker, di influenzare un’elezione. Il problema è il software, programmi che sono nascosti dalla vista e che non possono essere verificati… e cambiare drasticamente i registri di voto finali». Propone un voto cartaceo come sistema di integrazione al voto elettronico.

Camporesi pubblica lo scritto con le sue considerazioni sulle pagine facebook del Movimento, costantemente monitorate dai vertici, sulle bacheca delle massime cariche dei 5 Stelle del momento, i consiglieri regionali (non c’è ancora stata l’ascesa in parlamento) e si scatena un acceso dibattito interno.

Il messaggio arriva a Grillo che in risposta a domande fatte da giornalisti risponde che verrà rilasciato «un certificato di voto». Lo stesso suggerimento che di Schneier per eventuali riconteggi in caso di necessità.

Ma dopo le primarie elettroniche che portano a decidere i parlamentari del 2013 qualcuno, come la consigliera comunale Chiara Gianferrari di Parma, nota qualcosa che non va. Alcuni voti non tornano e chiede un riconteggio. E i giornalisti domandano a Grillo che fine abbia fatto il famoso «certificato di voto» visto che non è mai stato rilasciato. Lui risponde: «C’è stato un problema tecnico». Poi sul blog di Grillo appare la minaccia che chiunque voglia un riconteggio rischia di essere denunciato dal M5s.

Abbiamo scoperto col tempo che le piattaforme della Casaleggio consentono alla società milanese un controllo insindacabile sulle scelte, sugli iscritti, sulle procedure e sulle votazioni del Movimento. E le decisioni prese dai leader possono essere capovolte a piacimento dagli stessi e in qualsiasi momento.

Ma in informatica tutto può essere manipolato, da chiunque, all’interno ma anche all’esterno del Movimento. Resta un mistero perché la Casaleggio Associati si meravigli di una banalità che conoscono tutti gli esperti, cioè che i sistemi informatici, da soli, non sono sicuri. Ed perché sia stupita di quanto accaduto visto quello che gli era stato spiegato cinque anni prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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