di Antonio Amorosi
In Italia c’è chi fa più di un lavoro per racimolare almeno uno stipendio e chi invece fa un solo lavoro e ottiene due stipendi! Sono i molti politici eletti nei consiglieri comunali, provinciali, regionali, circoscrizionali per uno scandalo di proporzioni tali da far impallidire i rimborsi elettorali ai partiti. Infatti se si è lavoratori dipendenti si può evitare di andare sul posto di lavoro senza perdere un euro della propria busta paga. Lo stipendio viene completamente rimborsato dal Comune al datore di lavoro, più tredicesima, quattordicesima, trattamento di fine rapporto e contributi previdenziali. Il politico può così sommare alla paga per la sua attività quella del proprio stipendio da dipendente e senza muovere un dito. Paga l’Ente pubblico, cioè paghiamo noi.
Le somme sono così imponenti, come dimostra il caso del Comune di Bologna sottoposto ad esame grazie al consigliere Lorenzo Tomassini, che se moltiplicate per tutti gli enti nazionali interessati incide sulla finanziaria di un Governo. Solo i rimborsi per i lavori che non svolgono in un anno costano al Comune di Bologna una cifra non inferiore ai 300 mila euro. Moltiplicate per 5 anni di mandato e (proporzionalmente al numero degli eletti) per 8100 Comuni, 110 Province, 20 Regioni e altri Enti tra cui le Comunità montane e viene fuori una cifra che fa tremare i polsi, che si muove tra gli 1 e i 2 miliardi di euro l’anno! (cifra difficile da calcolare visto che ogni ente si muove autonomamante nell'”adattamento” alla legge)
Si, avete capito bene. Stiamo dicendo che ogni politico che ha un lavoro dipendente una volta eletto in un Ente Pubblico continua a percepire anche lo stipendio del lavoro precedente che non svolge.
L’assenza è rimborsata solo se causata da motivi istituzionali, ma fra sedute in Aula e commissioni (in Comune, Provincia, Regione e Altri Enti) ogni giorno il politico è raro che possa timbrare il cartellino del primo lavoro. Lo stabilisce il Testo Unico degli Enti locali, legge N.267 del 2000, che permette a ogni eletto di essere rimborsato integralmente per il lavoro che “non svolge” presso il precedente datore di lavoro di cui continua ad essere dipendente. Costano addirittura tre volte coloro che sono dipendenti dello Stato, come gli insegnanti, che vengono pagati dal Ministero, ma è solo una variante formale al gioco perché paga sempre la collettività. La spesa per l’insegnante-politico infatti triplica: oltre la paga per l’attività da politico e lo stipendio del lavoro da insegnante (che non svolge) c’è anche il costo del supplente che lo Stato assume per sostituirlo.
Se guardiamo ad esempio a Bologna da cui parte la nostra inchiesta grazie al consigliere comunale Lorenzo Tomassini, che si sta battendo contro questa vergogna, il Comune di Bologna impegna per i costi nel 2011 la cifra di 1milione 275mila euro per i lavoratori eletti nei consigli comunali e circoscrizionali, per rimborsarli del loro lavoro da dipendenti di aziende 300mila euro circa. E troviamo consiglieri comunali dipendenti di partiti (il Pd ad esempio) che per ogni mese hanno il loro rimborso, come l’attuale europarlamentare Salvatore Caronna, dal 2004-2009 consigliere comunale e prima consigliere provinciale o il suo “figlioccio” Marco Lombardelli (ex capo di Gabinetto dimissionario del Sindaco Merola) o da fondazioni (la Fondazione Gramsci) come nel caso di Siriana Suprani, moglie del presidente Unipol Pierluigi Stefanini, o la Lega Autonomie Emilia Romagna che rimborsa 3932 euro di Tfr del 2008 all’attuale Sindaco Virginio Merola (per quando era assessore).
Poi ci sono gli insegnanti che rappresentano le spese più elevate come il capogruppo Pd Sergio Lo Giudice, Mirco Pieralisi di Sel e la neo eletta dirigente scolastica Daniela Turci (Pd). Ma anche Pasquale Caviano di Idv, medico radiologo dell’Ospedale Maggiore o Patrizio Gattuso del Pdl e funzionario FS, che non costano poco. A cui aggiungere il sindacalista Cgil Gianguido Naldi che ora è consigliere regionale Sel ma che quando era consigliere comunale Ds prendeva un rimborso tramite il suo vecchio datore di lavoro (la G.D. Spa) così come adesso, attraverso l’impresa presso per cui lavora, il grillino del Movimento 5 Stelle Marco Piazza. Lo stesso è accaduto per l’ex consigliere dell’IDV Serafino D’Onofrio che si è visto rimborsare la cospicua cifra di 73799 euro, per meno di 2 anni di lavoro anche se non svolto. Ma questi sono solo alcuni esempi delle migliaia di rimborsi che vengono erogati dal 2000.
Quello che non si capisce è perché la collettività debba garantire lo stipendio per il lavoro che i politici non svolgono presso le imprese dove sono assunti. La spesa per le casse pubbliche così è diventata davvero imponente, altro che tagli per la crisi! Diversamente la cosa non vale per i consiglieri che sono lavoratori autonomi perché non percepiscono alcun rimborso per la loro attività professionale persa. A differenza dei primi, possono conciliare con difficoltà i due lavori a causa degli orari delle commissioni nell’ente pubblico dove sono stati eletti. Come fa notare Tomassini, “guarda caso le commissioni sono spalmate su tutti i giorni della settimana così che i consiglieri-dipendenti non possono quasi mai recarsi in ufficio”. Si perché le commissioni ci sono praticamente sempre e la maggioranza di coloro che fanno politica sono impegnati quasi ogni giorno.
C’è poi, come ammettono altre testimonianze di “Palazzo”, chi firma ed esce dalle commissioni e prende due stipendi senza essere in nessuno dei due posti di lavoro. E quando qualche collega cerca di accorpare le commissioni per ottimizzare il lavoro si sente rispondere: “Ué! Ma siete pazzi! Così mi tocca di andare a lavorare!”
E’ proprio vero, più che cercare un lavoro, in Italia, è conveniente diventare politico. Gli Enti pubblici sono galline dalle uova d’oro grazie a leggi come questa che obbligano la collettività a pagare lauti stipendi per attività mai svolte. Soldi che potrebbero essere impegnati per investimenti, servizi, creare lavoro e aiutare chi non ha garanzie. Anche il Ministro Dino Giarda che deve rivedere la spesa pubblica ha dichiarato che gli sprechi in Italia sono enormi: “Tutto il settore pubblico, dallo Stato fino all’ultimo dei Comuni”. In questo caso uno sperpero di proporzioni incredibili. In un’Italia con cittadini che si suicidano per i debiti, il doppio stipendio per la casta è un privilegio ingiustificabile.
Bisognerebbe raccogliere l’ S.o.s che arriva da Bologna e cambiare la legge.
Esmeralda Fitzpatrick
Per farla breve: tra lei col doppio stipendio di Ad dell’azienda pubblica e consigliere regionale, e lui con l’indennità parlamentare, la famiglia Pisacane intasca più di 30mila euro mensili. Che si sarebbero ridotti a poco più di 20mila euro se i compensi dell’Isa fossero rimasti quelli del vecchio Cda. Pisacane intanto a ottobre ha guadagnato una meritatissima fama per essere stato il 316° e ultimo deputato a votare la fiducia a Berlusconi, nella zona Cesarini della seconda chiamata. Un voto maturato al termine di una lunga meditazione. “Così ora Berlusconi mi sape”, avrebbe esclamato in dialetto napoletano riferendosi a chi doveva capire ed ha capito. Non si capisce, invece, se sia stato opportuno nominare un consigliere regionale (e persino moglie di un parlamentare) alla guida di una società pubblica che eroga finanziamenti ai potenziali elettori. L’interrogazione di Oliverio prova a sollecitare il ministro Romano anche su questo punto. Chissà se otterrà risposta. “Il ministero delle Politiche Agricole – afferma il deputato calabrese – avrebbe bisogno di un ministro che affronti le difficoltà del settore e non di uno impegnato in tutt’altre faccende per rafforzare le sue clientele, quelle degli amici e degli amici degli amici”.